Scioglimento ghiacciai, dal Polo Nord ennesimo allarme clima

Cambiamento climatico, questo sconosciuto

Ormai non lo si può più affermare, anche se dopo l’iniziale spinta di Cop21 – la Conferenza Internazionale sul clima di Parigi del 2015 che per prima iniziò ad accendere i riflettori sul tema – si sta rivelando sempre più difficile passare dalle parole ai fatti, come dimostrano anche gli esigui passi avanti compiuti a Katowice, in Polonia, dove qualche settimana fa si è conclusa Cop24. Questo anche a causa di chi si sta mettendo di traverso – leggi Stati Uniti, Russia ed Arabia Saudita ad esempio – nonostante i continui campanelli d’allarme che arrivano da tutto il Pianeta.
Allarmi, tra gli ultimi, come quello lanciato dal Polo Nord, che vede continuamente ormai sciogliere i propri ghiacci a causa di temperature considerate troppo elevate per l’Artico. Già nel 2017 uno studio dell’Amap (Arctic Monitoring and Assessment Programme), il programma per il monitoraggio dei ghiacci avviato dai paesi membri del Consiglio Artico – Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Stati Uniti d’America e Svezia – aveva rivelato come a causa del riscaldamento globale, nel 2030 il Mar Glaciale Artico potrebbe essere privo di ghiacci nella stagione estiva, con l’innalzamento del livello del mare quale principale conseguenza e grossi rischi per le città che dovrebbero difendersi dall’avanzare degli oceani.

Oggi i timori di quel rapporto continuano a essere vivi, per il continuo verificarsi di fenomeni di distacco di ampie porzioni di ghiacciaio. La motivazione è semplice: l’alto livello delle temperature medie ha portato lo spessore medio della calotta dai tre metri e 60 centimetri del 1975 al metro e 25 centimetri di oggi, un assottigliamento che di fatto impedisce ai ghiacci di durare negli anni, arrivando così a distaccarsi.
La prospettiva più drammatica dell’Amap è che nel 2100 a causa dello scioglimento dei ghiacciai del Polo Nord, i livelli degli oceani potrebbero innalzarsi anche di 25 centimetri, un’evenienza che avrebbe ripercussioni drammatiche in città come New York e Tokyo, per citare le più importanti, così come sulla costa cinese. Tuttavia, nell’attesa – si spera vana – che si verifichi il peggio, lo scioglimento dell’Artico sta rivoluzionando anche il commercio marittimo e conseguentemente equilibri e relazioni dei paesi coinvolti.

Sciogliendosi i ghiacci, nelle acque del Mar Glaciale Artico infatti si stanno aprendo continuamente nuove rotte per il commercio marittimo mondiale, itinerari che fanno gola alle potenze mondiali e che stanno rischiando di dare vita ad una vera e propria battaglia navale per la supremazia di quelle acque. Un esempio è il fatto che sia l’America che la Cina stanno costruendo ambasciate molto grandi a Reykjavìk, città di 127mila abitanti e capitale dell’Islanda, paese popolato da appena 330mila persone. Una mossa tuttavia necessaria, per chi desidera il predominio delle nuove rotte, come quella che passando per le acque del Polo Nord, porterebbe la distanza tra il porto tedesco di Amburgo e quello giapponese di Yokohama a meno di sette mila chilometri, rispetto agli odierni 11mila che servono per collegare le due città attraverso il canale di Suez, in Egitto.

Ecco dunque che un presidio importante quale quello americano e cinese in Islanda diventa fondamentale, come dovrebbe esserlo in Groenlandia, l’isola membro della Danimarca che fa gola alla Cina, la quale però in quel caso deve andarci coi piedi di piombo dal momento che dai tempi della guerra fredda gli americani hanno proprio lì una base radar militare tutt’oggi per loro molto importante. L’Artico dunque è in continuo movimento, in tutti i sensi, e se non riusciremo ad arginare il global warming e l’innalzamento delle temperature, e con esse lo scioglimento dei suoi maestosi ghiacciai, in futuro giocherà un ruolo centrale negli equilibri internazionali.

Fonte: Alfredo De Girolamo – L’Huffington Post