“Nucleare Francia? Se ne può fare a meno”. Ancora boom export
Il boom delle esportazioni (+198,1%) dovuto all’indisponibilità dei reattori francesi spinge gli scambi e i prezzi della Borsa elettrica italiana a novembre. Il tutto mentre gli analisti del Ref-E affermano che del nucleare transalpino l’Europa e l’Italia possono comunque fare a meno, visto che un eventuale stop prolungato delle centrali non metterebbe a rischio il livello di adeguatezza. Questi gli spunti che emergono dall’ultima newsletter Gme. Partendo dai dati, il mese scorso gli scambi nel sistema Italia hanno fatto segnare un aumento del 3% su base annua a 24,4 mln MWh (+2,7% a 16,9 mln MWh quelli in Borsa). Come detto, un ruolo determinante hanno le esportazioni, ai massimi degli ultimi 7 anni a quota 960 mila MWh. Cresce la liquidità, per lo meno su ottobre (+0,8 punti percentuali) mentre su base annua c’è un calo di 0,2 p.p. al 69,2%. Il Pun fa registrare un rialzo del 9,9% sul mese precedente e del 5,9% su novembre 2015, raggiungendo il livello più alto da agosto 2015 (58,33 €/MWh). Il calo dell’import e l’incremento dell’export fanno salire le vendite delle centrali nazionali, ai massimi degli ultimi 6 anni a 21,6 mln MWh (+16,5% tendenziale).
La parte del leone la fanno ancora gli impianti a gas, ai massimi da oltre 4 anni a 11,3 mln MWh (+42,6% tendenziale). Ma recuperano terreno anche le Fer a 6,1 mln MWh (+0,7% a/a e +6,7% su ottobre), spinte in particolare dall’eolico (+24,6%). E’ evidente l’influenza delle vicende d’Oltralpe su tutti i trend descritti. Non sorprende quindi che Virginia Canazza e Ana Georgieva del Ref-E dedichino un approfondimento al tema. “Le analisi condotte sul 2017 mediante l’utilizzo del modello di simulazione Elfo++ Europe – sottolineano le due esperte – mostrano livelli di adeguatezza nei paesi dell’Europa continentale intatti anche in caso di prolungata indisponibilità dei 12 reattori francesi attualmente fermi”. Per sopperire alla riduzione del nucleare francese (-79TWh), evidenzia Ref-E, si incrementano le produzioni a carbone (+ 35 TWh) e a gas (+ 41 TWh). I contributi maggiori sono sia quelli dell’auto 8 produzione a gas francese (+19 TWh) che della produzione a carbone tedesca (+12 TWh). In Italia aumentano potenzialmente di 5 TWh il gas e di 10 TWh il carbone. Nel Benelux si incrementano prevalentemente le produzione dei Cccgt (+12 TWh).
La situazione di prolungata indisponibilità del nucleare francese comporta, comunque, “la necessità della Francia di ridurre drasticamente le esportazioni nette (circa -50 TWh), congiuntamente ad una riduzione negli altri Paesi dell’import netto (Italia -15 TWh, Olanda -10 TWh) o ad un aumento dell’export verso la Francia (Germania + 16 TWh)”, ammettono Canazza e Georgieva. “Nell’ipotesi di assenza di switching nel merit order fra impianti a carbone e a gas – aggiungono – più probabile con quotazioni del carbone ai livelli mostrati la scorsa estate, a compensare l’indisponibilità del nucleare francese interverrebbero gli impianti a carbone tedeschi e i cicli combinati a gas francesi ed italiani e si ridurrebbe sensibilmente l’esportazione dalla Francia verso i paesi limitrofi”.
Per l’Italia “la riduzione dell’import netto alla frontiera settentrionale, da un lato potrebbe comportare un lieve incremento dei prezzi dell’energia, dall’altro aiuterebbe ad alleviare i costi della sicurezza, riducendo, con maggiore domanda contendibile per il termoelettrico, la flessibilità necessaria al sistema. Nessuna criticità emerge in termini di sicurezza degli approvvigionamenti gas, anche alla punta invernale”. Tuttavia, concludono le analiste, “la necessità di un approvvigionamento addizionale, richiedendo necessariamente un incremento di gas russo e/o Lng, potrebbe tradursi in forti effetti bullish sui mercati spot nordeuropei”.
Fonte: Quotidiano Energia