I nodi della povertà energetica

Una questione di non facile soluzione

Combattere la povertà è compito di ogni buon governante. Anche quando il metro non è il semplice reddito. Bene ha fatto perciò, la settimana scorsa, il vice ministro dello Sviluppo economico, Teresa Bellanova, a dimostrare attenzione al tema intervenendo alla Sapienza nell’ambito del convegno “Ruolo dell’efficienza energetica nel contrasto alla fuel poverty”. “Ogni cittadino italiano ha diritto ad avere assicurata una quantità minima di energia elettrica e di riscaldamento, occorre quindi mettere in campo nuovi strumenti per vederlo riconosciuto in modo semplice, senza perdersi nella burocrazia” ha detto il vice ministro. Parole chiare per una questione, invero, complessa (da leggere a tal proposito il lavoro di Ivan Faiella e Luciano Lavecchia per le Questioni di economia e finanza di Banca d’Italia) che trova spazio anche nell’operato della Commissione Europea.

Con la recente pubblicazione del c.d. Winter Package la Commissione riserva, infatti, un’attenzione particolare alla protezione dei soggetti più vulnerabili affinché il numero delle famiglie in povertà energetica non aumenti. Riscaldamento adeguato, raffrescamento, illuminazione ed energia per gli elettrodomestici sono riconosciuti quali servizi essenziali per garantire uno standard di vita dignitoso e la salute dei cittadini. Per la Commissione gli Stati Membri dovrebbero sviluppare piani nazionali di azione o altri appropriati quadri normativi per contrastare il problema, con l’obiettivo di ridurre il numero di cittadini che si trovano in tale condizione. Apprezzabile dunque ogni stimolo al dibattito pubblico volto a produrre proposte e iniziative sul tema: come emerge dal rapporto “Fuel Poverty ed Efficienza Energetica”, elaborato da Federesco, Federconsumatori, Unione Nazionale Consumatori, AiCARR e presentato al convegno, sono crescenti le percentuali della popolazione italiana che vive in condizione di povertà o che si trova a rischio di esclusione sociale, e di conseguenza indispensabili dovranno essere i processi di riforma delle politiche di welfare.

In Italia, oltre alle misure di rafforzamento dell’efficienza energetica nell’edilizia sociale, è stato introdotto, con il decreto legge 185/2008, convertito in legge 2/2009, il “Bonus sociale”, ovvero un regime di compensazione della spesa sostenuta dai consumatori domestici per la fornitura di energia elettrica e di gas, che consiste in uno sconto in bolletta per le famiglie che attraversano situazioni di difficoltà. Ne hanno diritto tutti i clienti domestici intestatari di un contratto di fornitura elettrica e di gas appartenenti ad un nucleo familiare con indicatore ISEE non superiore a 8.107,5 euro. Per i nuclei familiari con più di 3 figli a carico, la soglia ISEE si alza a 20.000 euro. Tutte le famiglie che possiedano i requisiti di disagio economico possono richiedere sia il bonus per la fornitura elettrica sia per la fornitura gas. Se in casa vive un soggetto in gravi condizioni di salute, costretto ad utilizzare determinate apparecchiature elettromedicali, la famiglia può richiedere il bonus per disagio fisico, cumulabile con il bonus per disagio economico.

L’ammontare utilizzato per il bonus, però, come rileva pure il rapporto, non appare adeguato: l’erogazione nel 2014 è stata 87 milioni di euro per il bonus elettrico, 110 milioni per quello gas; certamente non molti, considerato altresì che nel 2014, a fronte di circa 3 milioni di persone che avrebbero avuto diritto al bonus elettrico e di 2,5 milioni e mezzo che avrebbero meritato il bonus gas, solo 933.000 persone hanno beneficiato della prima misura e 625.000 della seconda. A ciò si aggiunge che il bonus è configurato come misura universale solo per l’energia elettrica, scontando per la fornitura di calore la sola previsione del gas naturale, con l’esclusione delle altre tipologie di riscaldamento. Delle criticità può presentare anche il ricorso all’ISEE – riformato nel 2015 – come parametro fondamentale per l’assegnazione del bonus. Tuttavia, a difesa della validità parziale del bonus, va ricordato, per esempio, che non è scontato che il sottoutilizzo dello strumento dipenda dalla sua complessità e dalla poca conoscenza.

Non pochi, però, potrebbero essere i soggetti che scientemente rinunciano al bonus per evitare controlli più o meno incrociati. Come facilmente immaginabili sono le difficoltà, anche di principio, nell’offrire un quantitativo minimo di energia ad ogni cittadino: dove individuare le coperture; limitarsi a ragionare per contratti di fornitura o davvero introdurre una misura pro-capite; come spiegare ai consumatori-elettori l’equità di una misura destinata a tutti, anche a chi può permettersi, per esempio, un gigantesco frigorifero americano o un’auto elettrica; o ancora come affrontare il tema riscaldamento o perché non lavorare su misure di efficienza ad hoc. Certamente d’aiuto potrà essere la tecnologia. A tal proposito già oggi, per esempio, sfruttando potenzialità esistenti, si potrebbe rendere automatico il bonus utilizzando e incrociando i dati contenuti nel Sistema Informativo Integrato; così da avere un’erogazione automatica a tutti gli aventi diritto e al contempo conseguenti controlli per tutti i percettori.

Fonte: Michele Masulli e Antonio Sileo – Staffetta Quotidiana