Allarme clima in Ticino, ghiacciai ridotti del 70%
Il Ticino sta diventando un Cantone sempre più tropicale. Esagerazioni? Non proprio, almeno secondo le schede tematiche contenute nella Statistica ticinese dell’ambiente e delle risorse (STAR). I cambiamenti più importanti avvenuti dal 1961 sono evidenziati dal Dipartimento del territorio e concernono in particolare “una chiara diminuzione del numero di giorni di gelo, un netto aumento del numero di giorni estivi e tropicali a bassa e media quota, il rialzo della quota dell’isoterma di zero gradi in tutte le stagioni (più pronunciato in estate), una netta diminuzione delle nevicate e della lunghezza del periodo con neve al suolo (particolarmente significativa a media quota)”. “Anche una maggiore piovosità invernale, a scapito di quella estiva (tipica delle aree alpine), è una probabile conseguenza dei cambiamenti climatici”. Negli ultimi quattro decenni le temperature medie sono aumentate di 1-1,5°C e il riscaldamento dell’atmosfera è la manifestazione più evidente del cambiamento climatico. A Lugano, ad esempio, rispetto agli anni Ottanta la temperatura media è aumentata di circa 1,6°C.
Addio ai ghiacciai.
Ma soprattutto, fa sapere il DT, “ai ghiacciai ticinesi restano pochi decenni di vita”. Infatti, tra il 1973 e il 1985 la superficie dei ghiacciai svizzeri è rimasta praticamente invariata, mentre dal 1985 al 2000 si e ridotta del 18%. In Ticino, tra il 1985 e il 2009 la superficie dei ghiacciai si è ridotta del 70% ed è completamente sparita sotto la quota di 2.100 metri. Il ritiro è particolarmente vistoso per il ghiacciaio Bresciana, sulle pendici dell’Adula, accorciatosi di 949 m dall’inizio delle misurazioni nel 1896: per la prima meta dell’accorciamento ci sono voluti 93 anni, mentre per la seconda meta ne sono bastati 23.
Il riscaldamento globale influenza “in maniera significativa” anche il ciclo dell’acqua. Nella regione alpina il ciclo idrologico subisce un’accelerazione, con una generale tendenza alla crescita delle precipitazioni e dell’evaporazione. In Svizzera si osserva già un incremento dei deflussi invernali e una frequenza crescente di piene anche durante la stagione fredda. Anche gli affluenti del lago Maggiore mostrano già una modifica dei regimi idrologici caratteristici e una generale diminuzione dei deflussi nei mesi estivi.
I laghi si riscaldano.
Nel bacino nord del lago di Lugano il riscaldamento è particolarmente evidente a partire dal 1993. Negli strati profondi è meno marcato rispetto agli strati più superficiali, ma è più significativo. Gli strati profondi fungono infatti da “memoria termica”, perché sono meno soggetti alle variabilità meteorologiche e sono raramente toccati dalla circolazione delle masse d’acqua (il lago è stabilmente stratificato): il loro riscaldamento è dunque espressivo di un cambiamento climatico.
La tendenza si è interrotta negli inverni 2004- 2005 e 2005-2006, caratterizzati da periodi prolungati di freddo e presenza di forti venti. Queste condizioni hanno raffreddato il lago, innescandone la circolazione completa e interrompendo il progressivo riscaldamento. Dal 2006 è ripresa la tendenza all’aumento, in modo più pronunciato rispetto al passato. Anche nel lago Maggiore si osserva la medesima tendenza al riscaldamento.
E anche i fiumi.
Tra il 1976 e il 2016 la Magliasina si è riscaldata di 1,91°C (misurazione effettuata a Magliaso) e il Cassarate di 2,55°C (a Lugano-Pregassona). Poiché possono essere escluse significative immissioni dirette di calore dovute alle attività umane (ad esempio da scarichi industriali e artigianali o da impianti domestici di climatizzazione), le cause dell’aumento della temperatura vanno attribuite principalmente ad apporti di calore ambientale, ossia al riscaldamento climatico. Il bosco e la biodiversità sono soggetti agli effetti del cambiamento climatico. Aumento della temperatura, inverni miti e precipitazioni regolari favoriscono l’imboschimento in montagna. Periodi di siccità prolungata più frequenti creano invece problemi alle piante e aumentano il rischio d’incendi di bosco. Un fenomeno relativamente nuovo sono gli incendi estivi provocati da fulmini. Inoltre, si creano condizioni favorevoli alla proliferazione di parassiti come il bostrico, che attacca l’abete rosso, e viene favorita la presenza di nuove specie, alcune delle quali invasive.
Fonte: Ticinonews