Tap, dai giudici sì a gasdotto pugliese. Emiliano perde la sfida degli ulivi

Il Consiglio di Stato respinge il ricorso. Saranno spostati 200 alberi

Il gasdotto Tap può sbarcare in Salento. A difesa del litorale di San Foca (frazione di Melendugno, provincia di Lecce) non ci sono più ricorsi pendenti dopo il via libera del Consiglio di Stato. A fare muro restano soltanto i «NoTap» che lo scorso 20 marzo hanno bloccato i lavori di spostamento degli ulivi dal punto di approdo. Che ora, però, dovranno arrendersi insieme al governatore pugliese Michele Emiliano che perde una delle principali battaglie avviate fin dalla candidatura a presidente della Regione nel 2015: lo spostamento del gasdotto «da un posto come Melendugno dalla bellezza commovente», a Brindisi, destinazione a vocazione industriale, o in altri posti meno turistici. «Fare per forza delle cose e imporle alla popolazione — ha sottolineato Emiliano non più tardi di una settimana fa — è la maniera più sbagliata di fare politica e quella migliore per favorire chi cerca pretesti per fare disordini. Non vorrei che l’intera stagione turistica possa essere rovinata dalla incapacità del governo di comprendere le ragioni dei sindaci dell’area: il Comune di Squinzano ha già dato la disponibilità ad ospitare l’approdo di Tap».

Ma ieri il Consiglio di Stato ha respinto gli appelli del Comune di Melendugno e della Regione Puglia relativi alla Valutazione di impatto ambientale (Via) sul Tap, il Trans Adriatic Pipeline da 870 chilometri che rappresenta la parte terminale del corridoio meridionale europeo del gas da 3.500 chilometri che attraverserà 6 Paesi dall’Azerbaijan all’Italia. Per i giudici amministrativi di secondo grado la Commissione Via ha «approfonditamente vagliato tutte le problematiche naturalistiche e le possibili alternative». Undici in totale, compresa Brindisi. Il Consiglio di Stato ha anche escluso che il gasdotto dovesse essere assoggettato alla «direttiva Seveso». Adesso, probabilmente, i lavori preliminari potranno partire anche in Italia, dopo che in Grecia e Albania le ruspe sono all’opera già da mesi. Anche se per Emiliano la partita non è ancora chiusa: «I sindaci dell’area — spiega — hanno avanzato richiesta agli uffici fitosanitari di revoca dell’autorizzazione allo spostamento degli ulivi. Vedremo quale sarà la risposta».

Il punto di partenza dei lavori del gasdotto infatti è lo spostamento degli ulivi dal sito di approdo a quello di stoccaggio distante 8 chilometri: poi torneranno nel luogo di origine non appena sarà stato completato il microtunnel del gasdotto. Nelle poche ore di lavori del 20 marzo, prima dello stop a causa della protesta, sono stati espiantati 33 dei 211 ulivi complessivi. Fino a ieri i manifestanti hanno avuto la meglio: il prefetto di Lecce, Claudio Palomba ha sollecitato la temporanea sospensione dei lavori, chiedendo chiarimenti sull’iter autorizzativo al ministero dell’Ambiente. Che adesso sarà rafforzato nella sua decisione dalla sentenza del Consiglio di Stato. Il tempo per avviare i lavori, però, stringe: il trasferimento degli ulivi dovrà essere completato entro aprile. Da
maggio a ottobre gli ulivi in stato vegetativo potrebbero non sopravvivere al reimpianto. E così i manifestanti
guadagnerebbero 6 mesi.

Fonte: Michelangelo Borrillo – Corriere della Sera