Nucleare: lo stop di 21 reattori francesi costerà 1 miliardo all’Italia

Fermo per lavori di manutenzione e per controlli straordinari. Un’emergenza che tra dieci anni potrebbe cronicizzarsi. In Francia sei centrali su 58 lavorano solo per dare energia elettrica agli italiani

Sarà un autunno caldo per le bollette elettriche. Da due settimane il prezzo all’ingrosso del megawattora in Borsa elettrica è schizzato dai 45 euro di inizio ottobre ai 55-60 euro della seconda metà del mese, fino a un picco di 70 euro raggiunto il 25 ottobre: un livello del tutto anomalo rispetto alle medie stagionali degli ultimi anni.

La spiegazione stavolta non va cercata nel caro-greggio, ma nel fatto che la Francia ha dovuto fermare – in parte per normale manutenzione e in parte per controlli straordinari – oltre un terzo del suo parco nucleare: 21 reattori su 58. Per l’Italia, che importa 40 terawattora all’anno di energia elettrica da Oltralpe (su una domanda complessiva di 315 terawattora nel 2015), questo blocco rappresenta un problema non da poco. Importazioni «In Francia sei centrali nucleari lavorano solo per dare energia elettrica a noi italiani», spiega Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. «Il nostro prezzo dell’energia, quindi, è legato alle loro condizioni di mercato». Un mercato molto tirato, in caso di fermo prolungato proprio quando l’accensione dei riscaldamenti in Francia, in buona parte elettrici, fa schizzare in alto la domanda. Il prezzo all’ingrosso francese, infatti, è già più alto del nostro e tenderà ad aumentare ancora, spingendo i rincari a cascata in tutti i Paesi che dipendono dalle importazioni per mantenere i prezzi bassi: Italia, Belgio, Gran Bretagna e Spagna. «Una situazione molto preoccupante, soprattutto in prospettiva, visto che i problemi emersi sulla tenuta dei reattori francesi possono solo aumentare con l’età», precisa Tabarelli. Controlli straordinari I fermi attuali dipendono dalla scoperta, nella nuova centrale Epr in costruzione a Flamanville, di un eccesso di carbonio nella composizione dell’acciaio del guscio del reattore, che potrebbe quindi essere più fragile di quanto previsto dai severi standard di sicurezza francesi.

In seguito a questa scoperta, l’Autorité de Sûreté Nucléaire ha imposto una rapida verifica su diciotto impianti potenzialmente interessati allo stesso rischio e il blocco immediato di cinque di questi. Di conseguenza, Edf (maggiore azienda produttrice e distributrice di energia in Francia, ndr) ha comunicato che la produzione elettrica nucleare quest’anno scenderà dai 408 terawattora programmati a 390, con tutto il calo concentrato nell’ultimo trimestre dell’anno. Cantieri Questo blocco potrebbe costarci oltre un miliardo di euro, calcolando un aumento medio di 20 euro a megawattora spalmato su un trimestre. Senza contare le ripercussioni più vaste nel caso si trovassero davvero i difetti strutturali alle centrali controllate.

Ma a preoccupare è la progressiva obsolescenza del parco nucleare francese, composto da 58 reattori che soddisfano il 76% della domanda elettrica nazionale, caso unico al mondo di dipendenza da una sola tecnologia. Ben 42 di questi reattori hanno trent’anni o più, con un paio che sfiorano i quaranta. Il governo ha deciso di allungare loro la vita fino a cinquant’anni, con una spesa di almeno 55 miliardi per il decennio a venire. Il parco nucleare francese è quindi destinato a diventare un immenso cantiere. «Data la quantità di energia elettrica che l’Italia importa da Oltralpe, il problema del futuro energetico della Francia è anche nostro», commenta Tabarelli. Non si vedono svolte almeno fino a metà gennaio, in base al calendario dei controlli straordinari pubblicato da Edf; il peso nelle nostre tasche si sentirà partire dalla prossima revisione del prezzo in bolletta. Ma si tratta anche di un campanello d’allarme sulla sicurezza del sistema elettrico nazionale.

L’Italia infatti è un caso unico in Europa per la quantità di energia elettrica che importa dall’estero, il 15% del suo fabbisogno. «Un retaggio degli anni Ottanta, quando fu deciso con il referendum di spegnere le centrali nucleari che avevamo appena costruito», rileva Tabarelli. Da allora, i prezzi dell’energia all’estero sono sempre stati molto più bassi dei nostri, così questo modello, partito come una soluzione d’emergenza, si è perpetuato nel tempo. Nel frattempo il parco elettrico italiano si è arricchito di centrali a gas e poi di impianti di generazione da fonti rinnovabili, ma il prezzo interno continua a rimanere alto, per cui si tende a preferire l’importazione dall’estero dell’elettricità piuttosto che della materia prima, il gas, molto più cara, anche a costo di mantenere spente le centrali appena costruite. A scapito della sicurezza elettrica del Paese.

Fonte: Elena Comelli – Corriere della Sera