La complessa partita del fotovoltaico
A evocarlo in settimana è stato il presidente di Elettricità Futura, Simone Mori, in occasione del convegno svoltosi martedì al Gse. “Se non poniamo dall’inizio regole serie e chiare ma che permettano lo sviluppo, le pressioni a investire saranno talmente forti che le soluzioni saranno incoerenti, poco ragionevoli e distruttive del territorio”, ha detto parlando degli obiettivi al 2030 indicati nel Piano energia e clima. La questione è talmente importante che lo stesso Mori ha riconosciuto che “sono più importanti gli aspetti amministrativi che le politiche attive di sostegno”. Non è un caso che oggi buona parte del “mondo rinnovabile” si sia spostato in massa a Palermo per un convegno dal titolo “Sicilia 2030”: la Regione è una delle più ricche di risorse rinnovabili e di ricorsi su moratorie – e da ieri ospita il cantiere del primo impianto fotovoltaico associato a un contratto Ppa.
Molti hanno definito gli obiettivi sulle rinnovabili al 2030 “molto difficili da raggiungere”, creando un’atmosfera di tensione che sarà compito della politica stemperare con atti di programmazione coerenti e conseguenti. E soprattutto tempestivi. Un compito tutt’altro che semplice. Se nel caso del Salva Alcoa le conseguenze “poco ragionevoli” riguardavano soprattutto l’impatto in bolletta degli incentivi al fotovoltaico, in questa “seconda corsa all’oro” l’elemento più problematico sembra essere il consumo di suolo, anche perché la batosta miliardaria sulla A3 ha un po’ fatto da “vaccino” (o almeno si spera). L’aspetto del consumo di suolo è emerso con un’evidenza notevole in occasione dell’audizione del presidente di Italia Solare, Paolo Rocco Viscontini, in Senato, in merito al disegno di legge sul consumo di suolo. Oltre la metà delle 41 slide presentate pongono grande enfasi sulle conseguenze del cambiamento del clima, come a “preparare il terreno” per una proposta evidentemente percepita come indigesta: per raggiungere gli obiettivi al 2030 è essenziale l’apporto del fotovoltaico, e per raggiungere gli obiettivi sul fotovoltaico è necessario fare impianti sui terreni agricoli.
Quanti? Secondo Viscontini almeno 40 GW pari a 85mila ettari, cioè 850 chilometri quadrati, cioè l’1,6% dei terreni agricoli persi negli ultimi anni o, come ha detto Mori, lo 0,4% dei terreni agricoli complessivi. O, ancora, quanto il territorio della provincia di Rimini. Lo scorso giugno il Gse aveva parlato di 34mila ettari. Che in percentuale sul totale dei terreni agricoli può anche sembrare poca cosa ma non lo è in un territorio densamente popolato e per lo più montuoso come quello italiano.
La questione si pose con forza anche per gli obiettivi al 2020, con la faticosissima individuazione delle aree non idonee da parte delle Regioni (sulla base delle linee guida ministeriali), ricorsi amministrativi e costituzionali, e contestazioni soprattutto da parte delle associazioni degli agricoltori. A dimostrazione che, oltre a una decisione di tipo politico (eliminare o attenuare i vincoli molto stringenti attualmente in vigore), servirà un lavoro politico/amministrativo di grande finezza e complessità per coordinare le amministrazioni coinvolte, gli interessi in conflitto e, soprattutto, le competenze di Stato e Regioni. Un anno fa parlammo di una nuova corsa all’oro per il fotovoltaico, chiedendoci se fosse possibile individuare esplicitamente le aree in cui installare gli impianti, aree che non abbiano un particolare pregio paesaggistico, magari aree contaminate o da recuperare, per poi metterle in qualche modo a gara.
Lo scorso anno Luciano Barra del Mise, consapevole come pochi della complessità del dossier avendo gestito la questione delle Linee guida per le Regioni, aveva proposto di rovesciare la logica attuale arrivando a definire aree idonee, senza ovviamente prescindere da un coinvolgimento con le realtà locali. Il punto, aveva detto, sarebbe “stabilire dei criteri e degli strumenti, fare un lavoro che consenta alle Regioni di definire aree idonee, che consenta alle Regioni di fare delle scelte il più consapevoli possibile”.
Il Gse si è già messo in moto per mappare i territori e individuare le aree dismesse, in modo da agevolare le autorizzazioni e mettere strumenti efficaci a disposizione delle Regioni. L’a.d. Moneta ha assicurato in settimana che, dopo la Sicilia, lo strumento si concentrerà su Toscana, Sardegna e Lombardia. Proposta ripresa in questi giorni anche da Anie che ha chiesto di definire al più presto le “aree a vocazione energetica”. Viscontini ha detto che l’installazione degli impianti fotovoltaici a terra non deve essere un tabù, perché è necessaria per raggiungere gli obiettivi del Pec e perché gli spazi non mancano. La questione è molto complessa: nessun tabù, ma servono anche occhi aperti e nervi saldi.
Fonte: Gabriele Masini – Staffetta Quotidiana