Green New Deal, una sfida da affrontare con la massima determinazione

Un’occasione storica per rilanciare l’economia europea

Nel “Global Risks Report 2020” del World Economic Forum la classifica dei rischi globali che con maggiore probabilità rappresenteranno nei prossimi anni una minaccia per la stabilità economica e la coesione sociale, vede ai primi cinque posti, in ordine decrescente: le condizioni meteo estreme, il fallimento della strategia climatica, i disastri naturali, la  perdita della biodiversità e i disastri ambientali causati dall’uomo. Con il fallimento della strategia climatica al primo posto per entità dell’impatto. Cinque anni fa, il primo posto era occupato dai conflitti tra paesi, seguìti dalle condizioni meteo estreme, dal fallimento della governance nazionale, da default o crisi, dalla disoccupazione.

Un cambiamento così drastico in cinque anni trova riscontro nella mutata percezione dei rischi globali da parte dei big nel settore economico-finanziario, ormai protagonisti di sempre più frequenti prese di posizioni sui temi climaticoambientali, inconsuete fino a poco tempo fa, che in più di un caso si sono già tradotte in adeguamenti nelle strategie aziendali.
Fornisce una conferma di questo cambio di paradigma l’assidua copertura di tali tematiche da parte del Sole 24 Ore, un quotidiano sensibile agli orientamenti del mondo economico e finanziario, che ad esempio martedì scorso ha pubblicato l’ennesimo rapporto sullo sviluppo sostenibile, dedicato all’analisi dettagliata (quattro pagine) delle prospettive del Green Deal europeo.

L’articolo di apertura non nasconde le difficoltà che si frappongono all’attuazione di un programma così ambizioso, in quanto la sua fattibilità è legata a un mix complesso di diverse soluzioni tecnologiche, naturali e sociali, e individua tre principali incognite, che potrebbero ostacolarne il cammino. Innanzi tutto, le scarse risorse fresche allocate, analisi che condivido. La seconda incertezza riguarda la “border tax”: si riuscirà a trovare il giusto equilibrio tra la protezione della competitività delle industrie europee, gravate dall’ETS, e l’esigenza di incentivare la decarbonizzazione? Terza incognita, l’effettiva volontà di attuare il Green Deal da parte dei governi nazionali.

Le altre tre pagine del rapporto si concentrano sui settori in cui la decarbonizzazione incontra maggiori difficoltà: l’agricoltura, dove la riduzione dei fitofarmaci e dell’agrochimica, da compensare con la diffusione di innovazioni di processo (come l’agricoltura di precisione) e di prodotto (miglioramenti varietali), andrà realizzata in concomitanza con il previsto taglio dei fondi per la politica agricola comunitaria; le resistenze alla fuoriuscita dal carbone in Polonia, nei Paesi balcanici e in Grecia; la complessità delle trasformazioni richieste per rendere la mobilità ambientalmente sostenibile.

Tirando le somme, secondo il quotidiano la “carbon tax” rappresenta lo strumento più efficace per ridurre le emissioni di CO2 e l’esperienza svedese dimostra che è possibile introdurla evitando la depressione dell’economia, ma, in un mondo globalizzato, va gestita in modo da non scatenare le ritorsioni commerciali statunitensi e cinesi. Si tratta di preoccupazioni in larga parte condivisibili e, quel che più conta, avanzate per dare un contributo positivo alla realizzazione del Green Deal, come conferma l’editoriale incluso nel rapporto.

Pur chiarendo che il Green Deal non sarà una passeggiata, l’editorialista mette in evidenza che si tratta di una scommessa geopolitica, in grado di porre l’UE in condizione di esercitare una leadership globale e di traino del resto del mondo nel contrasto all’emergenza climatica e, di conseguenza, nella ricerca, nelle tecnologie, nell’industria e, in definitiva, nell’economia.
Questo, grazie al ruolo di 450 milioni di consumatori, sempre più sensibili ai temi ambientali, in grado pertanto di condizionare non solo i “policy maker”, ma anche le scelte produttive e imprenditoriali, per cui il Green Deal potrebbe diventare un’occasione storica per rilanciare l’economia europea. Per singolare coincidenza, proprio lo stesso giorno su un altro quotidiano un giovane studioso concludeva le sue riflessioni sull’impatto economico negativo del coronavirus con l’auspicio che gli obiettivi del Green New Deal italiano fossero ridimensionati per effetto del conseguente calo delle risorse finanziarie disponibili.

Suggerire come rimedio a una difficoltà congiunturale la riduzione dell’impegno italiano in una strategia europea che nel mondo economico è giudicata una sfida difficile, ma da portare avanti con la massima determinazione, anche perché anticiclica, è proposta che richiama alla memoria le parole pronunciate dalla moglie del protagonista del romanzo “Cecità” di José Saramago: “Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che vedono, ciechi che, pur vedendo, non vedono”.

Fonte: Giovanni Battista Zorzoli – Staffetta Quotidiana