Rifasamento elettrico

Ottimizzazione del rifasamento elettrico

Tra i vari interventi di efficientamento tecnologico proponibili in una utenza elettrica, ancora oggi i consulenti ENERGYSAVING riscontrano come quello del rifasamento impiantistico sia ancora troppo trascurato, ancorché un impianto di rifasamento correttamente dimensionato sia l’intervento tecnologico a più basso tempo di pay-back, considerata l’incidenza delle penali di mancato rifasamento.

Generalmente, il rifasamento di un impianto produttivo con l’eliminazione delle relative penali al distributore elettrico si ripaga in pochi mesi, e risulta pertanto ingiustificato – salvo casi molto particolari – qualsiasi ritardo nella ottimizzazione di tale servizio elettrico all’interno dello stabilimento.Il rifasamento elettrico – aspetti teorici e presupposti tecnici

Il rifasamento elettrico – aspetti teorici e presupposti tecnici

In elettrotecnica, la potenza attiva assorbita da un utenza elettrica monofase è espressa mediante la nota relazione: P = V I cosj

Dove j rappresenta l’angolo di sfasamento tra i vettori tensione e corrente.

Uno sfasamento via via crescente tra tensione e corrente comporta un valore sempre più basso del parametro cosj a partire dal massimo valore possibile (che è 1). Un impianto a basso cosj converte quindi in potenza attiva un valore di potenza minore di quanto possibile (“V x I”). Ad esempio, un valore di  cosj pari a 0,950 – pur nella norma ed ancora elevato – comporta già una perdita del 5% della potenza attiva disponibile. Un carico puramente resistivo (a cui corrisponde un valore di cosj pari ad 1), invece, non altera la posizione dei due vettori, che rimangono in “fase”.

Nelle utenze industriali, però, la maggior parte dei carichi è costituita da motori e trasformatori che  sono carichi induttivi. Queste macchine generano un campo magnetico, che “sfasa” tensione e corrente (cosj <1) causando la produzione di energia reattiva (espressa in kVarh).

La sola potenza “utile” (in grado, cioè, di trasformare l’energia elettrica in lavoro meccanico) è quella attiva. La potenza reattiva, non solo non può essere trasformata in lavoro meccanico, ma causa anche il transito in rete di corrente induttiva.

Questa corrente induttiva causa una diminuzione della capacità di trasporto di energia “utile” da parte del cavo,  in quanto (se assimiliamo il cavo elettrico ad un ipotetico tubo) la sua presenza “ruba” spazio ad una certa quantità di energia attiva.  La potenza reattiva induttiva, quindi, costituisce un carico supplementare per i generatori, i trasformatori e le linee di trasporto e distribuzione, impegnando il fornitore di energia a sovradimensionare i propri generatori a scapito del rendimento e provocando altresì una maggiore caduta di tensione in linea, che si traduce in ulteriori perdite di potenza attiva.

Valori di cosj particolarmente bassi, perciò, comportano una serie di oneri, sia diretti (penalità applicate dal distributore elettrico) che indiretti (impianto elettrico sottodimensionato), con cattive qualità tecniche di gestione e trasporto dell’energia elettrica.

Per ovviare a questo problema si inseriscono in parallelo ai motori delle batterie di condensatori (carichi capacitivi) che contrastano l’effetto dei carichi induttivi, tendendo a riportare in “fase” tensione e corrente.

I consulenti ENERGYSAVING sono a completa disposizione per verifiche specifiche delle opportunità di risparmio da rifasamento di utenze critiche, utilizzando le informazioni preliminari di consumo presenti nella fatturazione elettrica oppure direttamente analizzando le misurazioni orarie disponibili dal contatore.

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