Il fisco «pesa» sulla bolletta: +58% rispetto alla media Ue

Il confronto europeo. La fotografia sui prezzi finali dell’energia

È una delle priorità d’azione della Strategia energetica nazionale, inserita, non a caso, sotto la voce “competitività del paese” perché il differenziale tra i prezzi dei prodotti energetici in Italia e nell’Unione europea ha condizionato la capacità delle aziende della penisola di competere con le omologhe europee. Un divario collegato anche alla maggiore pressione fiscale che ha colpito i prodotti energetici nel nostro paese: basti pensare che, nel 2015, ultimo dato disponibile, ogni tep di energia utilizzata era gravata da una imposta di 369 euro (+58% rispetto alla media europea). Dal punto di vista dei prezzi finali dell’energia elettrica, l’Italia mantiene ancora un gap rispetto al dato Ue (il 25% in media per le imprese nel 2015) e in particolare rispetto alla Francia.

Quanto al gas, sebbene si sia registrato un calo iniziale, persiste ancora uno spread costante di circa 1,8 euro per megawattora rispetto ai mercati nord-europei. Questo differenziale è determinato da una ancora incompleta integrazione del mercato italiano rispetto ai mercati più liquidi del Nord Europa e da una persistente dipendenza del sistema italiano del gas dalle importazioni spot dall’Europa settentrionale. Per superarlo, come ribadito nella Sen, si punta a favorire l’accesso alla capacità di import dai mercati del Nord Europa (in particolare quella del gasdotto Transitgas), attraverso l’introduzione del “corridoio di liquidità”. Tornando invece all’elettricità, il gap va ricondotto al maggior prezzo dell’energia all’ingrosso -su cui incide peraltro anche il differenziale sul costo del gas -, come pure agli elevati oneri di sistema, a causa soprattutto degli incentivi alle rinnovabili e ai contributi, in forte crescita nell’ultimo anno, connessi all’efficienza energetica.

Ciò premesso, nei piani del governo sono attesi effetti positivi sia dalle misure adottate per ridurre le componenti di costo legate agli oneri generali di sistema, a cominciare dal calo dei costi di generazione delle rinnovabili e dei relativi incentivi, sia dalle riforma delle agevolazioni per gli energivori (si veda altro articolo in pagina). Come noto, il peso degli oneri per le rinnovabili in molti paesi europei (in Italia è pari al 20-25% del prezzo finale) ha portato la commissione Ue a prevedere, nelle linee guida sugli aiuti di Stato per l’energia e l’ambiente (luglio 2014), la possibilità di ridurre il prelievo per i settori industriali più sensibili al prezzo dell’energia e più esposti alla concorrenza estera. In Italia, però, al momento dell’emanazione delle linee guida, erano già state assunte le misure di riduzione degli oneri di sistema, contenute nel decreto sviluppo del 2012 e in vigore dal 1° luglio 2013.

Tali interventi non hanno però consentito un effettivo allineamento dei costi dell’energia a quelli pagati da analoghe aziende in Europa con il risultato che un’impresa energivora italiana che consuma 70-150 gigawattora l’anno avrebbe pagato 75-87 euro/MWh nel 2015, mentre in Germania, in regime agevolato, la stessa azienda avrebbe versato circa 40-45 euro/MWh. Un differenziale che, come detto, il governo conta ora di azzerare anche grazie al nuovo sistema adottato sulla scia dell’Europa.

Fonte: Il Sole-24 Ore