Energy Trilemma Index: l’Italia fa già bene, ecco come fare meglio

Un’analisi di Sandro Melis e Tommaso Alderigi di Oliver Wyman
Demand management evoluto, meccanismi di aggregazione, mercati della produzione rinnovabile distribuita e
investimenti in storage, ma con prudenza sulle tempistiche per non replicare con le batterie gli eccessi di spesa commessi col solare. Questi gli spunti lanciati da Sandro Melis e Tommaso Alderigi, rispettivamente Partner e Engagement Manager di Oliver Wyman, che ha realizzato in collaborazione con WEC il World Energy Trilemma Index 2018, presentato nei giorni scorsi a Milano alla World Energy Week. Dal rapporto emerge un’Italia ben posizionata rispetto ai tre “corni” del trilemma energetico, soprattutto quanto a sostenibilità e sicurezza (20° posto al mondo), un po’ meno sul costo dell’energia (35°), ma che nel contempo negli ultimi due anni ha perso posizioni e deve rilanciare sulla crescita delle rinnovabili e la gestione delle fonti.

Secondo il World Energy Trilemma Index 2018, pubblicato dal World Energy Council in collaborazione con Oliver Wyman, l’Italia è tra i paesi che meglio gestiscono il cosiddetto ‘trilemma energetico’. L’indice classifica 125 nazioni sulla base della loro capacità di bilanciare tre esigenze: Sicurezza energetica, Sostenibilità ed Equa accessibilità dell’energia. Si tratta di riuscire a coprire la domanda energetica attuale e futura (Sicurezza), ricorrendo il più possibile a fonti sostenibili e rinnovabili (Sostenibilità), garantendo prezzi accessibili a tutta la popolazione (Equa accessibilità). Nel 2018 Danimarca, Svezia e Svizzera hanno mantenuto le loro posizioni nei primi tre posti della classifica, ma molte nazioni sono riuscite a migliorare significativamente il loro punteggio, dimostrando che un sistema energetico bilanciato non è un lusso riservato ai paesi più ricchi, ma il risultato di un approccio intelligente alla transizione energetica.

Una posizione svantaggiata per i paesi importatori
Il nostro paese è in buona posizione soprattutto nei primi due fattori, Sicurezza e Sostenibilità (20° posto in entrambi), mentre risulta indietro per quanto riguarda l’Equa accessibilità (35° posto). Complessivamente, però, conquistiamo comunque una valutazione AAA, un giudizio che solo altri 7 paesi (Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Israele, Spagna, Svezia e Svizzera) sono riusciti ad ottenere quest’anno.
Il risultato italiano del 2018 conferma una tendenza positiva rispetto ai risultati del 2014 e 2015 (29a e 31a posizione), ma mostra comunque un peggioramento rispetto al 16° e 17° posto degli ultimi due anni, causato dal maggiore consumo di combustili fossili reso necessario dalla recente ripresa industriale ed economica.
L’Italia, come la Spagna e Israele, nel 2018 non è riuscita ad entrare nella top 10 nonostante un rating AAA. Tutti e tre i paesi sono penalizzati dall’accessibilità dell’energia in quanto oltre ad avere un’economia di mercato (senza sussidi energetici alla popolazione), sono grandi importatori di energia e naturalmente poveri di risorse. Il forte investimento sostenuto negli ultimi anni in termini di energia rinnovabile non è riuscito a ridurre i costi per i cittadini. Questo perché la diminuzione dei costi per i combustibili è stata compensata da un aumento delle tasse, finalizzato proprio a recuperare gli incentivi lanciati per favorire l’installazione delle rinnovabili.

La ricetta per il futuro
Qual è quindi la strada per i paesi importatori per migliorare il proprio posizionamento? In Europa esistono due modelli: Danimarca e Francia. La creazione di una forte industria rinnovabile (nel primo caso) e nucleare (nel secondo), hanno compensato l’assenza di risorse e aumentato sicurezza e accessibilità equa dell’energia, senza tralasciare la sostenibilità ambientale. Le recenti evoluzioni nel settore nucleare francese e l’imminente chiusura di alcune centrali rendono il modello danese più forte e sostenibile. L’Italia deve quindi continuare a crescere nel rinnovabile, ma soprattutto investire nella gestione delle fonti disponibili, specialmente in uno scenario di abbandono del carbone nel 2025.
L’Italia ha però un sistema energetico più complesso della Danimarca, caratterizzato da una grande componente
industriale, da una maggiore dispersione energetica dovuta al territorio e alla numerosa popolazione, e dalla necessità di garantire al sistema una flessibilità tale da poter gestire i picchi di domanda. La priorità dell’Italia non è solo la riduzione della dipendenza da fonti energetiche estere, ma anche l’aumento dell’efficienza nell’uso delle fonti e delle infrastrutture attuali, creando dei meccanismi di mercato che consentano la reale “prezzatura” del servizio di flessibilità del sistema e consentendo quindi l’allineamento del profilo di domanda e di offerta.

Tra le varie iniziative possibili citiamo:
1. Meccanismi evoluti di demand management su tutti gli utenti della rete, per sviluppare ulteriore flessibilità e garantire che vi sia un comportamento efficiente nell’utilizzo dell’energia nel tempo e maggiore congruenza dinamica tra domanda e produzione del parco rinnovabili
2. Creazione di meccanismi di aggregazione e di mercati della produzione rinnovabile distribuita, anche Retail
3. Investimento nella capacità di stoccaggio (es. batterie) per massimizzare l’utilizzo delle fonti rinnovabili

L’installazione dei contatori elettrici di seconda generazione attualmente in corso rappresenta un abilitatore
fondamentale per realizzare le prime due iniziative. La costruzione di ulteriore capacità di stoccaggio richiederà invece investimenti in tecnologie in corso di maturazione. Chiaramente, l’esperienza italiana del primo e secondo conto energia non va replicata. All’epoca, il forte investimento pubblico in tecnologie non ancora mature ha comportato un finanziamento indiretto della curva di costo del PV mondiale da parte dei cittadini italiani, che si trovano ancora oggi importanti costi aggiuntivi in bolletta, a fronte di un costo medio di generazione similare al passato. Per questo sarà fondamentale ponderare con cautela la scelta delle tempistiche di investimento nelle batterie per lo stoccaggio elettrico.

Fonte: Staffetta Quotidiana