Una centrale atomica in mare. La sfida russa nell’Artico

Salpa da San Pietroburgo la prima nave che produce energia elettrica L’allarme degli ambientalisti: “È una Chernobyl che galleggia”

La prima centrale atomica galleggiante al mondo ha iniziato il lungo viaggio che da San Pietroburgo la condurrà tra un anno in estremo oriente, a Pevek, la città più a Nord della Russia e di tutta l’Asia. La Akademik Lomonosov è salpata sabato dall’antica capitale degli zar accompagnata dall’entusiasmo delle autorità russe e dai timori degli ambientalisti – Greenpeace in testa – che temono che un incidente possa mettere a repentaglio l’ecosistema dell’Artico trasformando la centrale nucleare in una «Chernobyl fluttuante».

La Akademik Lomonosov, con i suoi due reattori da 35 megawatt l’uno, è capace di fornire energia elettrica a una città di 100.000 persone e potrebbe presto rimpiazzare la ormai antiquata centrale nucleare di Bilibino. Ma soprattutto conferma la grande importanza che il Cremlino attribuisce all’Artide, ricco di idrocarburi e strategico dal punto di vista militare. La centrale atomica attraccherà in Chukotka dopo aver viaggiato lungo il Severnij Morskoj Put: la Rotta marittima settentrionale che collega Europa e Asia attraverso le fredde acque dell’Artico russo. Una sorta di scorciatoia resa sempre meno difficoltosa dallo sviluppo tecnico, ma anche dallo scioglimento dei ghiacci causato dal riscaldamento globale.
La Akademik Lomonosov è stata realizzata nei cantieri della fabbrica Baltiyskiy di San Pietroburgo. I lavori sono iniziati nel 2009, e solo tre giorni fa la centrale atomica galleggiante ha potuto prendere il largo, trainata sulle acque della Neva e poi su quelle del Baltico. Il gigante viaggia adesso a una velocità di circa 4,5 nodi. Toccherà l’Atlantico, passerà a Nord della Scandinavia e tra circa 20 giorni attraccherà a Murmansk. Nella città della Russia settentrionale riceverà in autunno il combustibile nucleare necessario per il funzionamento dei reattori, e quindi nell’estate del prossimo anno navigherà per 5.000 chilometri alla volta di Pevek con a bordo i 69 membri dell’equipaggio.

Una volta in funzione, la centrale fornirà energia al porto di Pevek, a una serie di piattaforme petrolifere e a un impianto di desalinizzazione. Sarà sottoposta a revisione ogni 12 anni e dovrebbe essere smantellata tra 36-40 anni. I piani del governo russo preoccupano gli ambientalisti. «Dei reattori nucleari che si muovono su e giù per l’Artico pongono una ovvia e terribile minaccia a un ambiente fragile già sottoposto a pressioni enormi dal cambiamento climatico», ha affermato l’esperto di Greenpeace Jan Haverkamp, che ha parlato di potenziale «Titanic nucleare».

L’agenzia atomica russa Rosatom assicura invece che la Akademik Lomonosov è stata progettata nel rispetto dei più alti standard di sicurezza e che i suoi reattori nucleari non temono «né gli tsunami né altri disastri naturali» e «rispettano tutti i requisiti dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica senza alcun rischio per l’ambiente». A Mosca non hanno quindi alcuna intenzione di fare marcia indietro. Anzi, i lavori per una seconda centrale fluttuante capace di servire anche le zone più remote della Russia dovrebbero iniziare già il prossimo anno. E pare che 15 Paesi siano interessati a noleggiare centrali galleggianti in futuro, tra loro Algeria, Cina e Argentina.

Fonte: Giuseppe Agliastro – La Stampa