Boom dei certificati sulla CO2

Più care le bollette di luce e gas. Nel breve termine il minor uso di carbone fa aumentare i costi dell’energia.

C’è un mercato che, più di ogni altro, è stato fibrillante in questa estate. Si tratta del mercato europeo dei diritti di emissione di anidride carbonica. Vale a dire, quello che sancisce quanto le imprese possono «inquinare». Il prezzo di questo genere di certificati, infatti, è passato dai 14 euro di metà giugno agli oltre 21 della settimana scorsa. Un balzo che potrà riflettersi anche nelle bollette di luce e gas. Ma per capire quale sarà l’impatto sui consumatori europei, e italiani in particolare, bisogna fare qualche passo indietro.

Nello scorso febbraio, il Parlamento europeo ha dato il via alla riforma del mercato Eu-Ets (Emissions trading scheme), a cui fanno riferimento circa 12 mila imprese a livello comunitario. Dentro questo schema è possibile acquistare e vendere certificati per l’emissione di CO2, ovvero anidride carbonica. I prezzi sono calcolati in tonnellate e se una società, nel suo ciclo produttivo, vuole emettere CO2, deve pagare. Un obiettivo nobile, quello del Parlamento Ue, che mira a rendere più efficiente e più sostenibile l’attività manifatturiera nel continente europeo.

La conseguenza della riforma non è solo che è più oneroso inquinare, e che quindi vi è un incentivo per le imprese a perseguire un ciclo produttivo virtuoso e più rispettoso dell’ambiente. Vi sarà anche un incremento del costo finale dell’energia. Traduzione: le bollette, come spiegano gli analisti di Vertis Environmental Finance, potranno costare di più. Questo perché le previsioni vedono il prezzo di emissione di anidride carbonica arrivare a toccare i 30 euro (per tonnellata) nei prossimi due anni. O peggio, i 40 euro nel 2023, come invece ipotizza l’agenzia di rating statunitense S&P. Quindi, al fine di mantenere i margini, le società energetiche dovranno innalzare le quote a cui vendono i loro prodotti. In molti casi, l’impatto si è già osservato. Come rimarcato dall’Indice costo energia terziario – elettricità della Confcommercio, nel secondo trimestre dell’anno il costo della bolletta energetica per le imprese è salito dell’8,4% rispetto ai tre mesi precedenti. La stessa traiettoria è prevista per il resto dell’anno. Non a caso, Federconsumatori ha già avvisato che fra settembre e novembre gli italiani dovranno mettere in conto di spendere 468 euro per le utenze di acqua, luce, gas e telefonia, con un incremento del 3% rispetto al 2015.

Una nota positiva però c’è. Secondo i dati dell’Unione petrolifera, entro il 2030 cambierà – e di molto – lo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili in Italia. In altre parole, si utilizzeranno anche di più acqua, vento e sole al fine di soddisfare le esigenze energetiche nazionali. Meno carbone, dunque, e quindi minori spese per le società, che non dovranno comprare certificati di emissione di anidride carbonica. «Per tale ragione riteniamo possibile che, a partire dal 2020, il consumatore finale registrerà dei benefici in bolletta», spiegano gli analisti di Société Générale. Un aumento, quello del prezzo delle bollette, che potrebbe essere solo transitorio e potrebbe riguardare solo pochi Stati, cioè quelli che sono indietro con l’utilizzo di energia rinnovabile.

Non sono poche, tuttavia, le critiche alla riforma di questo mercato. Come quella di Thomas Bareiß, segretario di Stato del ministero tedesco per gli Affari economici e l’energia, il quale ha smorzato gli entusiasmi degli ambientalisti. Nonostante gli sforzi del Parlamento europeo, Bareiß ha sottolineato la scorsa settimana che saranno necessari ancora diversi anni prima che la Germania smetta completamente di utilizzare il carbone come fonte energetica.

Fonte: Fabrizio Goria – La Stampa