Auto a metano, ecco perché non sono meglio delle altre
Le emissioni di CO2 e di inquinanti non così inferiori rispetto a quelli benzina, diesel e gpl. E allora tanti saluti alla “via italiana” ai trasporti sostenibili…
Questo viene da pensare dopo aver letto il rapporto di 72 pagine “CNG and LNG for vehicles andmships – the facts” (Veicoli e navi a gas naturale compresso e liquido, i fatti), realizzato dall’organizzazione ambientalista Transport & Environment, che stronca ogni pretesa dei veicoli alimentati a metano di essere più “verdi” di quelli diesel e benzina, e di essere quindi una sorta di transizione, se non addirittura di alternativa, ai veicoli elettrici. Nel presentare il rapporto i media hanno parlato anche di bocciatura dei veicoli a Gpl, che però il rapporto non menziona neanche, ma certo, se viene bocciato il metano, a maggior ragione stroncherà il Gpl.
Questo perché i vantaggi dei veicoli a metano, rispetto a quelli a combustibili liquidi, dipendono dal suo essere l’idrocarburo più semplice, con un solo atomo di carbonio, contro i 2-4 atomi di carbonio degli idrocarburi del Gpl e i 5-18 di benzina e diesel. Meno atomi di carbonio un idrocarburo ha e più atomi di idrogeno possiede in proporzione: questo lo rende più facile da miscelare con l’aria e in grado di bruciare in modo più completo e pulito, con meno residui incombusti e meno emissioni di CO2, a parità di energia rilasciata. Essendo il Gpl a metà strada fra metano e benzina una bocciatura della sostenibilità del primo vale quindi, a maggior ragione, per il secondo, che, oltretutto, può solo derivare dal petrolio.
A rendere le cose più complicate, c’è poi il fatto che il ciclo Diesel brucia il gasolio a temperature più alte di quanto benzina o metano siano bruciati in quelle a ciclo Otto (con la candela di accensione): risultato, i motori diesel sono più efficienti e quindi emettono meno CO2 di quelli a ciclo Otto. Al tempo stesso, però, la temperatura più alta di combustione, fa sì che i motori diesel producano anche più ossidi di azoto (NOx) degli altri.
Fissate alcune basi, vediamo ora cosa dice il rapporto, redatto dopo aver raccolto tutti i dati disponibili sulle emissioni di auto, camion, bus e navi, alimentate dai diversi combustibili.
Cosa dice il rapporto sulle emissioni di CO2
Partiamo dalle emissioni di CO2, quelle che la Ue si è impegnata a ridurre di almeno l’80% entro il 2050, un obbiettivo che i produttori di metano fossile ci dicono poter essere avvicinato usando auto, veicoli pesanti e navi che vadano a gas naturale, compresso o liquefatto. Ebbene, secondo T&E, considerando solo quello che esce dallo scappamento, le auto a metano emettono il 21% di CO2 in meno rispetto alla benzina e il 5% in più rispetto al diesel.
Considerando però le emissioni nella produzione dei combustibili, le cose cambiano, perché oltre a quelle dovute al trattamento e trasporto del gas naturale, simili a quelli di benzina e gasolio, il metano è anche un gas serra, e le sue perdite in tutte le fasi pesano sul suo effetto climalterante.
Questo fa sì che “dal pozzo alla ruota” un’auto a metano emetta solo fra il -18% e il -15% di CO2 (a seconda della provenienza del metano) rispetto alla benzina, e dal +6 al +13% rispetto al diesel. E le cose peggioreranno, via via che il metano arriverà da giacimenti più remoti e difficili da sfruttare: al 2030 i dati passerebbero così da un -9% di CO2 sulla benzina e +19% sul diesel. Per evitare polemiche sulla loro possibile prevenzione, T&E fa notare che le conclusioni riportate sono simili a quelle a cui è arrivata in un suo rapporto l’industria delle auto a metano.
Da quanto detto sopra si capisce come per quanto riguarda la CO2, la comparazione con camion e bus, che usano in genere motori diesel, sia persa in partenza: se si immette il metano nel motore diesel, le emissioni sono in genere un po’ superiori, non essendo il gas il combustibile ideale per questi motori; se si passa a motori a ciclo Otto, le emissioni crescono ancora.
Per le navi l’uso di Lng (metano liquefatto) potrebbe dare un piccolo vantaggio rispetto all’uso di Bunker oil, il combustibile semiliquido usato da molte navi (-10% circa di emissioni), e ancora meno rispetto al gasolio navale (-5%). Ma solo se le perdite durante il trasporto e il trattamento del metano sono contenute al minimo, altrimenti sono i combustibili tradizionali a emettere meno CO2.
E per quanto riguarda le emissioni inquinanti?
«Ok – diranno i possessori di auto a metano, a questo punto – forse per gli effetti climatici non c’è un gran vantaggio, ma il metano sicuramente sporca meno l’aria con gli inquinanti». “Ni”, risponde però T&E nel suo rapporto: è sicuramente vero nel caso delle navi che usano bunker oil, visto che si tratta di una schifezza residuale della raffinazione, che produce bruciando enormi quantità di particolato, NOx e anidride solforosa, mentre nel caso del gasolio il vantaggio è minore e determinato dal fatto che i fumi dei motori navali sono meno “ripuliti” di quelli stradali. Ma per gli altri mezzi le cose sono meno nette di quello che si potrebbe pensare.
Per quanto riguarda gli NOx, per esempio, le auto a metano ne producono in media quanto quelle a benzina, 56 mg/km, contro i 170 mg/km dei diesel Euro 6. C’è invece un leggero vantaggio per quanto riguarda i PM 2,5, il particolato più fine: 1,6 mg/km per la benzina, 1,5 mg/km per il diesel e 1,1 mg/km per il metano, circa un -30% rispetto agli altri due.
Discorsi simili per quanto riguarda bus e camion Euro 6: i dati di quelli diesel e a metano sono simili a quelli a gasolio per quanto riguarda gli NOx e migliori per il particolato, anche se, secondo una ricerca del Joint Research Center della Ue, il PM prodotto dal metano è più sottile, e passa i filtri progettati per bloccare il particolato del gasolio. Il punto sollevato da T&E, comunque, è che questi dati si riferiscono ai mezzi Euro 6: quando entreranno in funzione gli euro 7, poi gli 8, ecc., il vantaggio del metano sugli altri si ridurrà via via.
Quindi conviene puntare sul metano?
Di fronte a dati su emissioni e inquinamento così poco esaltanti, concludono a T&E, non ha molto senso puntare su veicoli a metano fossile come transizione, offrono vantaggi modesti per quanto riguarda l’inquinamento e, in molti casi, addirittura negativi per quanto riguarda la CO2.
Per questo si chiedono perché mai l’Italia, dove girano il 68% delle auto a metano d’Europa, dia così tanti vantaggi e sconti fiscali al gas naturale per autotrasporto: da noi l’imposizione su quel combustibile è lo 0,5% di quella sul gasolio, rendendo il suo costo complessivo la metà. E visto che il nostro paese importa circa il 90% del metano che usa, non si può neanche sperare che le auto a metano ci salvino dalla dipendenza energetica estera.
Però, viene da obbiettare, il metano non è solo fossile, può essere prodotto per via biologica o, per via elettrochimica, impiegando, energie rinnovabili. Ma anche questa obiezione non smuove molto le conclusioni di T&E: secondo stime della Ue, al massimo il metano derivato da digestione di rifiuti biologici, potrebbe coprire un 9% dei trasporti europei. Certo, si può produrre molto più metano con colture destinate a finire nei digestori, ma sarebbe in competizione con la produzione di cibo e aumenterebbe le emissioni di CO2 associate al biometano, visto che l’agricoltura usa combustibili fossili, per esempio per gasolio e fertilizzanti.
Sono forse più promettenti le tecnologie Power to Gas, che permettono di ricavare metano per i trasporti, usando elettricità rinnovabile?
No, secondo T&E: per ogni kWh elettrico, oggi si ottengono solo 0,4 kWh sotto forma di metano, uno spreco enorme, comparato all’usare quell’elettricità direttamente in veicoli a batteria. Meglio allora riservare queste tecnologie per il metano sostenibile al bilanciamento della rete elettrica e allo stoccaggio di energia sul lungo termine.
Le conclusioni degli esperti consultati da Tranport & Environment, quindi, sono chiare: il metano per i trasporti è solo un’arma di distrazione di massa inventata dai produttori di gas naturale e appoggiata da alcuni governi, italiani in testa, per avere uno sbocco al prevedibile surplus che si determinerà in futuro, visto che il suo uso per la produzione elettrica dovrà essere via via abbandonarlo nei prossimi decenni. Quello che non venderanno più alle utilities, sperano insomma di venderlo agli automobilisti.
Ma tutto ciò, concludono a Transport & Environment, a fronte di miglioramenti marginali o nulli, ci farebbe invece sprecare tempo e risorse da usare per la vera transizione energetica basata su i veicoli a batteria e a idrogeno, che di emissioni e di inquinamento ne producono già da oggi zero, sempre che siano riforniti con elettricità rinnovabile.
Fonte: Alessandro Codegoni – QualEnergia