Accise, pesa di più la forma o la sostanza?

Secondo la Corte Ue esenzioni e aliquote agevolate non necessitano di apposita domanda. Ora sarebbe però auspicabile un intervento delle Dogane e del Governo

Come i grossisti e i consumatori finali di energia elettrica e gas ben sanno, in ambito accise è fondamentale individuare il momento a decorrere dal quale si rende applicabile al cliente una determinata esenzione, aliquota ridotta o esclusione da imposta e, più che altro, i requisiti in presenza dei quali detti regimi – se così li vogliamo chiamare – troverebbero applicazione.
Per le esclusioni da imposizione (si pensi, ad esempio, al caso dell’utilizzo di energia elettrica o gas naturale in processi metallurgici o mineralogici), la prassi dell’Agenzia delle dogane ha fatto (abbastanza) chiarezza riconoscendo che le esclusioni (insieme alla previsione impositiva) delimitano e definiscono l’ambito di applicazione del regime fiscale al di fuori del quale non si realizza il presupposto dell’obbligazione tributaria. Per questa ragione, verificata dunque l’effettiva destinazione dei prodotti energetici impiegati in usi non sottoposti ad accisa, l’imposta non è dovuta sin da principio e, laddove erroneamente applicata, è addirittura indebita con possibilità di rimborso nei termini di cui all’art. 14 TUA (Nota prot. 80667 del 7 agosto 2013).

Di tutt’altro tenore appare, invece, l’orientamento assunto in tema di esenzioni o aliquote ridotte (si pensi, ad esempio, agli usi industriali per il gas naturale).
In queste ipotesi, sia la prassi dell’Agenzia (si pensi alla Nota n. 24081/RU del 8 aprile 2009 dell’Agenzia delle dogane) che la più recente giurisprudenza di legittimità subordinano l’applicazione dei predetti regimi ad una espressa richiesta (formale) del consumatore finale.
Il riferimento della giurisprudenza è fatto alla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nella sentenza n. 1837 del 2016, che ha affermato che “la decorrenza degli effetti derivanti dall’accoglimento della domanda di ammissione al trattamento agevolato non può essere collocata in un momento anteriore alla presentazione della domanda medesima”. Seppure la Corte di Cassazione si sia espressa con riferimento alla richiesta di rimborso delle accise applicate in misura massima al cliente prima che questo avanzasse richiesta di applicazione di un’aliquota ridotta, dal testo della sentenza si desume che in assenza della domanda da parte del consumatore finale, ancorché sussistano di fatto i presupposti sostanziali richiesti dalla norma, quel trattamento non dovrebbe trovare applicazione.

Di rottura rispetto a queste ultime interpretazioni risultano essere, però, due recenti pronunciamenti della Corte di
Giustizia (Cgue) e della giurisprudenza di merito. Con la sentenza del 13 luglio 2017, causa C-151/16, la Corte di Giustizia, sulla base dell’approccio sostanziale che la contraddistingue, si è pronunciata proprio in merito alla legittimità delle disposizioni statali che impongono il rispetto di più o meno gravosi requisiti formali, non collegati all’effettivo utilizzo dei prodotti energetici, al fine di poter accedere ai trattamenti fiscali di favore previsti dalla normativa comunitaria.

In particolare, la sentenza della Cgue, facendo riferimento all’art. 14, par. 1, lett. c) della Direttiva n. 2003/96/CE, che prevede che gli Stati membri esentino “i prodotti energetici forniti per essere utilizzati come carburanti per la navigazione nelle acque comunitarie (compresa la pesca), diversa dalla navigazione delle imbarcazioni private da diporto, e l’elettricità prodotta a bordo delle imbarcazioni” alle condizioni da essi stabilite al fine di garantire un’agevole e corretta applicazione delle esenzioni stesse e di evitare frodi, evasioni o abusi, afferma che una normativa nazionale che subordina l’applicazione di specifici regimi di esenzione “al rispetto di requisiti formali non collegati all’effettivo utilizzo dei prodotti energetici di cui trattasi” è contraria all’impianto sistematico ed alle finalità di tale direttiva.

Nello specifico, è stato sottoposto alla Cgue il caso di una impresa lituana che ha costruito una nave per un’impresa estone a cui ha di fatto consegnato, congiuntamente alla nave, anche il carburante in essa contenuto. Il costruttore lituano ha richiesto all’ispettorato nazionale delle imposte il rimborso dell’accisa assolta sul carburante (in quanto impiegato in usi esenti); l’ispettorato ha, però, negato il rimborso dato che al momento della cessione al cliente del carburante l’impresa non aveva compilato i documenti contabili in ottemperanza ai requisiti formali e sostanziali previsti dal diritto nazionale e non disponeva di una licenza.
Sul punto la Cgue ha chiarito che il carattere incondizionato di un obbligo di esenzione fiscale non può essere affatto messo in discussione dal margine di discrezionalità riservato agli Stati membri per cui la legislazione di uno Stato membro che esclude l’applicazione di un’esenzione a motivo del fatto che la fornitura è stata effettuata senza osservare dei requisiti formali non è conforme al diritto comunitario, laddove i requisiti sostanziali sono stati rispettati.

Anche la giurisprudenza di merito nazionale sembra aver recepito questi principi, affermando che “l’applicazione di un’aliquota ridotta è prevista per legge e non rappresenta una particolare agevolazione a cui il consumatore finale può accedere solo tramite una preventiva richiesta al fornitore” pertanto “l’omessa richiesta non potrebbe in ogni modo determinare l’impossibilità di un rimborso per quanto ingiustamente pagato. Infatti tale condotta rappresenterebbe un ingiusto arricchimento da parte dell’Erario” (Ctr Milano, sent. n. 3274/18/2017, depositata il 20 luglio 2017).

La sentenza ribadisce, dunque, come il consumatore finale abbia diritto all’applicazione dei regimi previsti dalla legge indipendentemente dall’espletamento o meno di ulteriori oneri formali. Opinare il contrario significherebbe permettere all’Erario un indebito e ingiustificato arricchimento. Seppure non si possano che accogliere con favore i principi affermati dalla Cgue, seguiti poi anche dalla giurisprudenza di merito, che sposano appieno la ratio perseguita dalle norme, non si può non rilevare che l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità e fatto proprio dall’Agenzia delle dogane imponga agli operatori delle cautele ben specifiche nell’applicazione ai clienti dei regimi agevolati. Per cui, considerate le difficoltà in cui possano trovarsi i fornitori di commodity nel seguire uno o l’altro orientamento, sarebbe necessario innanzitutto un intervento chiarificatore – e univoco – da parte dell’Agenzia delle dogane con un documento di prassi.
In secondo luogo, si auspica un intervento normativo. Occasione potrebbe essere il testo del decreto gas applicativo del Testo unico accise n. 504 del 1995 su cui sta lavorando il Mef.

Fonte: Pietro Bracco e Giulia Giacchetti – QE