A qualcuno piace elettrico, anche il camion

Segnali di un futuro presente: approvata in California la prima regolamentazione mondiale per la vendita obbligatoria di Tir a zero emissioni. E in Germania Volkswagen converte un’intera fabbrica alle auto elettriche

In Germania, Volkswagen ha prodotto l’ultima auto con motore a combustione interna – una Golf R Estate 2.0 benzina – nello storico stabilimento di Zwickau; in California, l’agenzia governativa per la qualità dell’aria ha approvato la prima regolamentazione al mondo che obbliga a vendere determinate quote di camion elettrici. Così dall’Europa agli Stati Uniti l’industria dei veicoli si sta preparando a cambiare pelle: auto e camion elettrici premono alle porte delle fabbriche e sarà sempre più difficile scansare questa rivoluzione, anche se finora il suo percorso è stato parecchio tortuoso.

Cosa succede in California: i camion
La California Air Resources Board (CARB) ha appena stabilito un sistema di quote obbligatorie per la vendita di camion elettrici a batterie o idrogeno, battezzato Advanced Clean Trucks. Si partirà nel 2024 con obiettivi specifici per i diversi segmenti: van, furgoni e pick-up, camion “rigidi” e Tir. Nel 2035, la maggior parte dei camion “rigidi” venduti nello stato americano (il 75%) dovrà essere a zero emissioni.
Allo stesso modo, dovrà essere elettric o il 55% di van e pick-up e il 40% dei Tir (tractor trucks, cioè camion con veicolocabina e semirimorchio agganciato). Insomma la California ha posto quella che dovrebbe diventare una pietra miliare per la rivoluzione elettrica dei trasporti “pesanti”, volta a ridurre l’inquinamento provocato dall’ingente traffico delle merci su gomma, guardando sia alle consegne nei centri urbani sia alle lunghe percorrenze. Altri paesi, in Europa magari, sapranno raccogliere il testimone?

Cosa succede in Germania: le auto
Volkswagen deve ancora scontare il suo “peccato originale”, quel dieselgate scoppiato nel 2015 quando si scoprì che il colosso di Wolfsburg stava manipolando i software dei motori diesel per barare sui test delle emissioni. Ora deve dimostrare che la sua corsa verso la mobilità elettrica è reale. In una nota, la casa tedesca spiega che per la prima volta sta trasformando un’intera fabbrica per adattare le sue linee
produttive ai veicoli 100% elettrici, con un investimento di circa 1,2 miliardi di euro. Da Zwickau, dopo 6 milioni di auto benzina e diesel sfornate dal 1990 al 2000 a marchio Volkswagen, usciranno soltanto auto elettriche realizzate sulla piattaforma MEB (Modulare Elektrifizierungsbaukasten cioè la piattaforma dedicata allo sviluppo di vetture a batteria del gruppo VW), tra cui la ID.3 e la ID.4, con una capacità complessiva di 330.000 veicoli già dal prossimo anno. E non è un caso che il governo tedesco, nel suo piano di rilancio economico da 130 miliardi di euro, abbia riservato gli incentivi per l’acquisto di nuove auto ai soli modelli elettrici.

L’Italia tentenna
La mossa tedesca è tanto più coraggiosa quanto più si pensa alle tentazioni retrò che albergano in buona parte della politica italiana, ancora convinta che promuovere l’acquisto di auto Euro 6 sia una buona idea, almeno per svuotare i piazzali di modelli invenduti, sia quelli che i tedeschi puntano a non produrre più sia quelli che invece altri marchi continuano a produrre, essendo entrati in ritardo nella partita dell’auto elettrica, come Fiat-Chrysler. Ma anziché svuotare i piazzali di veicoli diesel e portarli a inquinare nelle città italiane, sarebbe più opportuno riempire i concessionari di modelli “puliti”. Tra l’altro, finora l’ecobonus italiano per l’acquisto di auto a basse emissioni con/senza contemporanea rottamazione sta funzionando, quindi non si capisce – se non dietro le spinte delle lobby del settore auto – perché il Pd abbia proposto quell’emendamento al DL Rilancio per estendere l’incentivo alle vetture tradizionali. Insomma, bisogna guardare avanti senza inciampare nuovamente nel diesel, altrimenti c’è il rischio di allungare molto la strada verso la rivoluzione elettrica.
Intanto le ultime statistiche Unrae di maggio sul mercato auto italiano, mostrano che a fronte di nuove immatricolazioni crollate complessivamente del 50% rispetto a maggio 2019, le vendite hanno premiato nuovamente le ibride e le elettriche “pure” dopo il tonfo di aprile. Difatti, le ibride hanno fatto il +18% (+145% se si guarda ai soli modelli plug-in ricaricabili alla presa di corrente) e le elettriche hanno segnato il +54% lo scorso mese. Così l’auto elettrica ha triplicato la sua quota di mercato rispetto a maggio 2019 (era allo 0,6%), sfiorando il 2% delle vendite complessive con 1.816 vetture immatricolate; e sono 7.719 le elettriche vendute da inizio anno, in crescita del 119% rispetto a gennaio-maggio del 2019. Certo i numeri restano piccoli in termini assoluti: un motivo in più per concentrare la “potenza di fuoco finanziaria” (gli incentivi) sulle vetture a basse-nulle emissioni di CO2.

Ancora troppi SUV
La rivoluzione in casa Volkswagen non deve però trarre in inganno sui ritardi accumulati più in generale dalle case auto.Dai dati appena diffusi dall’Agenzia europea per l’ambiente, infatti, emerge che le emissioni medie delle auto vendute in Europa nel 2019 sono aumentate a 122,4 grammi di CO2 per km: +1,6 gCO2/km rispetto alla media dell’anno prima (+1,3%).
Buona parte della colpa, evidenzia un commento dell’organizzazione indipendente Transport & Environment (TE), è da attribuire alle massicce vendite di SUV che sono le vetture più pesanti, inquinanti e costose, e quindi con più ampi margini di profitto per i costruttori, arrivate al 38% del totale nel 2019. Il punto, scrive TE, è che le case auto stanno posticipando fino all’ultimo minuto l’uscita in Europa di modelli a basse emissioni, per poi rientrare nell’obiettivo fissato da Bruxelles per il 2020-2021, pari a 95 gCO2/km (fino al 2019 il valore obiettivo era di 130 gCO2/km).

Fonte: Luca Re – QualEnergia