Petrolio alla svolta, se il virus non torna a colpire

Il timore sollevato da una seconda ondata di contagi negli Usa ha fatto crollare il prezzo del barile di quasi il 10%, ma i fondamentali si sono rafforzati: senza nuovi lockdown presto le scorte caleranno

Il timore di una seconda ondata di coronavirus negli Stati Uniti spaventa i mercati, compreso quello del petrolio, che ha vissuto la peggiore seduta dalla fine di aprile: perdite vicine al 10% hanno respinto il Wti verso 35 dollari al barile, mentre il Brent ha perso più dell’8%, scendendo intorno a 38 dollari. A guastare l’umore degli investitori erano già intervenute previsioni negative sulla ripresa dell’economia – in particolare (ma non solo) quelle del presidente della Fed Jerome Powell – e il forte aumento delle scorte petrolifere Usa, che sono addirittura salite al record storico di 2,1 miliardi di barili tra greggio e prodotti raffinati, secondo gli ultimi dati dell’Energy Information Administration (Eia). Ombre inquietanti, proprio nel momento in cui la strada verso un graduale ritorno alla normalità sembrava imboccata.

Il petrolio (come le borse) aveva probabilmente corso troppo, addirittura raddoppiando di valore rispetto ai minimi toccati durante la pandemia. Ma sul mercato, grazie alla ripresa dei consumi e ai tagli di produzione, ci sono segnali tangibili di un rafforzamento dei fondamentali. E se non si arriverà a un nuovo lockdown – negli Usa o altrove – le enormi scorte accumulate durante la pandemia a breve dovrebbero cominciare a smaltirsi.

Non è una contraddizione con quanto evidenziato dalle statistiche Eia. Il recente aumento delle scorte Usa dipende infatti esclusivamente dal boom di importazioni di greggio dall’Arabia Saudita: petroliere che avevano iniziato il loro viaggio durante la guerra dei prezzi, prima che Riad ritrovasse l’intesa con Mosca per tagliare drasticamente l’offerta. Negli Usa nelle ultime tre settimane sono sbarcati oltre 1,5 milioni di barili al giorno di greggio saudita, il triplo rispetto a quella che ormai da tempo è la norma, volumi più che sufficienti a spiegare l’anomalo aumento delle scorte, che dovrebbe presto invertirsi per cedere il passo alla tendenza opposta, a patto che le estrazioni di shale oil – calate finora di 2 mbg – non riprendano a correre all’impazzata.

Fonte: Sissi Bellomo – Il Sole 24 Ore