Le convergenze M5S-Lega sull’energia

Gli interessi delle Pmi e la discontinuità con Calenda

A quasi due mesi dalle elezioni del 4 marzo, la prospettiva politica della legislatura è ancora tutt’altro che chiara. Tatticismi, schermaglie e geometrie più o meno probabili occupano ancora il dibattito pubblico, mentre ci apprestiamo a vivere un altro fine settimana di riflessione. “Siamo forze molto diverse”, ha detto il segretario PD Martina uscendo dalle consultazioni, riferendosi al Movimento 5 Stelle. Una diversità rintracciabile anche sui temi concreti, in particolare rispetto al “PD di Calenda”.
A dare, appunto, un contenuto un po’ più concreto (politico) ai discorsi sulle possibili configurazioni di una maggioranza, sono arrivate questa settimana le prese di posizione esplicite – anche se in gran parte non inedite – di esponenti della Lega e del Movimento 5 Stelle in materia di energia. Dichiarazioni che consentono di guardare alle forze politiche non solo come numeri e slogan da far combaciare, da sommare o sottrarre, ma come espressione di forze e interessi reali e ben determinati nel Paese.

Parliamo delle dichiarazioni rilasciate al Sole24Ore dai senatori Gianni Girotto – veterano del M5S per quanto riguarda i dossier energetici – e Armando Siri – leghista che i bene informati vogliono in pole position per la poltrona di ministro dello Sviluppo economico in un (non ancora tramontato) esecutivo Lega-M5S. Convergenza sull’energia che per la verità si era vista già dall’immediato dopo-voto sul tema della tutela.
In sostanza, Siri e Girotto hanno contestato la “legittimità politica” di alcuni degli ultimi atti emanati dall’ancora ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda: tra gli altri, il decreto sui gasivori, quello sugli incentivi alle rinnovabili, quello sui Certificati bianchi. Con una motivazione che traccia una linea di discontinuità politica rispetto all’esecutivo uscente: la difesa degli interessi delle Pmi e delle famiglie contro quelli della grande industria, insieme a una certa attenzione agli interessi dell’industria delle rinnovabili, nel Dna del Movimento 5 Stelle e, dal lato della Lega, testimoniata dall’incontro pre-elettorale con Anie. Una linea su cui la contiguità tra i due soggetti politici è sicuramente maggiore rispetto a qualsiasi altra configurazione politico-parlamentare.

Che la Lega attinga con forza al mondo delle Pmi non è certo una scoperta di oggi – anche se ai tempi delle coalizioni di centrodestra era proprio il Carroccio portavoce all’interno del Governo della grande industria – ma le dichiarazioni di Siri mostrano plasticamente questa linea di frattura rispetto alle scelte adottate con piglio quanto mai risoluto da Calenda. Scelte, aggiungiamo come già sottolineato in passato, mai politicamente enunciate in modo chiaro nelle sedi dovute, Parlamento in primis. Per l’attuale inquilino di via Veneto la priorità per il sistema economico italiano in tema energetico era ridurre il gap di competitività delle grandi industrie nazionali rispetto ai concorrenti tedeschi, gap dovuto, appunto, ai maggiori costi per l’approvvigionamento di energia. A pagare (qui la parte rimasta sempre sottaciuta) dovevano essere in sostanza famiglie e Pmi.

Ora dunque Siri e Girotto hanno buon gioco a chiedere lo stop dei provvedimenti in questione facendo leva in particolare sugli interessi della piccola impresa. E la notizia non è tanto che M5S e Lega vogliono bloccare tutto sul fronte energia – anche se di fatto questa ne può essere la conseguenza – quanto che tra Lega e M5S c’è grande consonanza da questo punto di vista. E che questo rappresenta una forte e concreta discontinuità rispetto alle politiche dell’ultimo Governo. Di più: proprio questioni come questa – più che gli insulti e i precedenti in streaming –possono rendere quanto mai problematico un ipotetico accordo del M5S con il PD. Soprattutto con il PD “di Calenda”. Un disaccordo concreto su un problema concreto. E d’altronde la mancata tematizzazione “politica” delle scelte energetiche da parte di Calenda segnala qualcosa di più profondo di una semplice svista: la difficoltà di venire a patti con la grande protesta, con il malessere che è montato in questi anni nel Paese. Un malessere che, attraverso le articolate procedure della democrazia, dovrà in qualche modo trovare la strada del Governo – o di nuove elezioni.

Fonte: Gabriele Masini – Staffetta Quotidiana