Germania: dove tira il vento

Sorpasso dell’eolico sul nucleare nel 2017, record storico della produzione a inizio 2018 ma anche un’escalation dei prezzi negativi – ossia le ore in cui ai produttori risulta paradossalmente più conveniente pagare per produrre anziché spegnere gli impianti

Sono i fiori e le spine della Energiewende, la transizione tedesca all’energia pulita, spesso presa a modello in Europa pur con le sue contraddizioni (il carbone resta oggi saldo a due quinti del mix). Un percorso finito sotto tiro nei negoziati tra la Cdu di Angela Merkel e i socialdemocratici della Spd, pagando infine qualche pegno nell’accordo sulla formazione di un nuovo governo raggiunto stanotte dopo mesi di stallo.

Nel 2017 l’eolico tedesco è balzato dal 14% al 19% della produzione nazionale mentre il nucleare ripiegava dal 15% al 13%. Il vento, dopo un incremento del 33%, ha contribuito così a consolidare le rinnovabili al secondo posto del mix col 39% del totale: seguite appunto dall’atomo, dal gas (stabile all’8%), e precedute da carbone e lignite, che nonostante i quasi 2,4 GW di capacità dismessa, si attestano al 40% dal 43% del 2016. Particolarmente degno di nota l’exploit dell’eolico nei primi giorni del 2018: il 4 gennaio ha coperto con 925 GWh oltre il 60% dei consumi in Germania, dove nel 2017 la potenza installata è cresciuta di oltre 1 GW, e a livello europeo il 22,7% della domanda con 2,13 TWh, segnando un nuovo record dopo il 19,8% del settembre 2017.

Insieme a questi, sono arrivati al contempo anche record meno piacevoli. Il numero di ore in cui sul mercato tedesco si sono registrati prezzi negativi è salito ad esempio dalle 15 del 2008 alle 146 del 2017, proprio per l’impatto sul sistema dell’accresciuta produzione da fonti intermittenti come l’eolico. Lo metteva in evidenza nei giorni scorsi il quotidiano Handelsblatt, citando in particolare il caso del 1 gennaio 2018. Solo quel giorno i prezzi sono risultati negativi per 15 ore su 24, toccando tra le 7 e le 8 del mattino il minimo di -76,01 €/MWh, emerge dai dati di mercato.

Il tutto proprio a causa dell’export “forzato” spinto dal boom eolico. Un onere, quello di pagare per produrre, che di norma finisce ribaltato sui consumatori finali. “Non ci possiamo permettere questa follia un minuto di più. La prossima coalizione che governerà si dovrà occupare di questa faccenda”, ha dichiarato il portavoce del Spd per l’economia, Bernd Westphal, nei giorni immediatamente precedenti la 24 ore di negoziati che ha portato infine stanotte Cdu e Spd a convergere su un accordo. Sempre secondo il quotidiano tedesco, anche il coordinatore per le politiche energetiche del gruppo parlamentare Cristiano democratico, 6 Thomas Bareiss, avrebbe convenuto che “gli sviluppi indesiderati della Energiewende mettono a rischio la sicurezza delle forniture e la competitività della Germania.” Simili sentimenti nei due partiti sembrano aver pesato sull’intesa, almeno in certa misura.

Ad esempio, secondo quanto riporta oggi l’agenzia Reuters, l’accordo sposta in avanti di cinque anni l’obiettivo di incremento della quota rinnovabile sul totale dei consumi, pur accrescendola: finora era tra il 45% e il 55% al 2025, l’intesa la trasforma in un più ambizioso ma più lontano 65% al 2030. Anticipando martedì una bozza di accordo, inoltre, il sito Euractiv parlava anche di un rinvio dal 2020 ai primi anni del prossimo decennio del taglio delle emissioni del 40% rispetto ai livelli del 1990, prospettando addirittura una “sorta di inversione a U di Merkel” sulla linea tenuta in questi anni sul clima. Al tempo stesso l’accordo prevedrebbe aste per 4 nuovi GW di fotovoltaico e confermerebbe l’obiettivo di presentare entro fine 2018 un piano per l’abbandono del carbone nella generazione elettrica.

Trovandosi però, su questo punto, davanti a uno scoglio imponente: da un lato vista la già citata centralità che i combustibili solidi hanno ancora nel sistema tedesco; dall’altro se si pensa che se Berlino vuole onorare gli impegni presi a Parigi dovrebbe iniziare il phase out già dal prossimo anno. Con inevitabili conseguenze sui costi dell’energia e quindi sulla competitività dell’industria nazionale, quest’ultima tra i temi importanti dell’accordo. Dover porteranno i nuovi equilibri lo si vedrà compiutamente nei prossimi mesi. Di sicuro da che parte tiri il vento in Germania sull’energia avrà il suo peso anche fuori dai suoi confini, a cominciare dall’iter delle nuove normative del Clean Energy Package.

Fonte: Gionata Picchio – Staffetta Quotidiana