Energivori, Calenda il “tedesco”

La scelta del governo tra famiglie e imprese

La politica – non solo industriale – si fa anche con le bollette. Ce lo ricorda una volta di più la partita degli sgravi sull’elettricità alle industrie, che nei giorni scorsi, in piena concitazione prereferendaria, ha registrato una svolta: l’atteso sblocco del pregresso per centinaia di milioni. E il ministro Carlo Calenda promette un ulteriore rilancio, mostrando, quantomeno, di non avere dubbi su chi privilegiare nell’annoso dilemma famiglie/industrie. La questione, si ricorda, riguarda la norma del Dl 83/12 voluta dall’allora ministro Passera che introduceva forti sgravi sugli oneri di sistema elettrici per le industrie manifatturiere alimentate in media e alta tensione qualificate come energy intensive – per l’elevata incidenza delle bollette sul fatturato – e sopra una certa soglia di consumo.

Sgravi finanziati (per un valore oscillante nelle stime tra 600 e oltre 800 milioni/anno) da una componente “Ae” applicata a tutti gli altri clienti, famiglie e piccole imprese. Lo schema era stato notificato alla Commissione Ue, che vi ha rilevato incompatibilità con le linee guida del 2014 sugli aiuti di Stato. Nelle more, le erogazioni degli sgravi sono rimaste in gran parte congelate, con crescente, comprensibile malcontento dei beneficiari. Nei giorni scorsi è arrivato lo sblocco almeno del pregresso relativo al 2013-2015. Nelle scorse settimane, come annunciato dal ministro a inizio ottobre, l’Italia ha infatti incassato un primo via libera di Bruxelles. In pratica, a fronte di un impegno ad adattare per il futuro lo schema alle norme Ue, per il passato Bruxelles ha dato l’ok ad applicare gli sgravi alle condizioni originarie, pur se con un limite: per i consumatori più grandi, che oggi godono anche di una forte degressività della tariffa, si dovrà verificare prima che la somma delle due agevolazioni non determini sovraremunerazione.

Buone notizie quindi per i beneficiari: il 16 novembre il Mise ha dato indirizzi all’Autorità e quest’ultima, con delibera 677/2016 pubblicata ieri sera, ha confermato – pur col citato distinguo delle verifiche per i “grandi” – i fondi 2013 (già 9 erogati), ha sbloccato l’erogazione di quelli 2014 e ha disposto l’avvio rapido della qualifica per quelli 2015. Una bella figura anche per il governo, il che a pochi giorni dal voto non fa male. Quanto ai consumatori non beneficiari, il costo della manovra, stando così le cose, non potrà superare quello già preventivato, salvo “sconti” se si individueranno situazioni di sovracompensazione.

Altro discorso, però, per il futuro. Quale sarà il modello a regime? Come già detto, la partita con Bruxelles è ancora in corso. Nei giorni scorsi però un articolo del quotidiano di Confindustria – associazione da sempre in prima linea sulla norma energivori oltre che “casa” dello stesso Calenda dal 2004 al 2008 – ha anticipato quello che è quantomeno l’orientamento del ministero: che mira, nel rendere il meccanismo compatibile con i paletti europei – ad esempio limitando i rimborsi ai soli oneri per le rinnovabili e alle sole industrie esposte alla competizione internazionale – a aumentarne di molto l’entità, e quindi il costo per i piccoli consumatori (400 mln/a in più secondo lo stesso Sole24Ore).

Ciò avverrebbe attraverso una serie di correzioni di rilievo, tra cui un abbassamento della soglia di consumo per l’accesso agli sgravi da 2,4 a 1 GWh/a, il che allargherà la platea dei beneficiari, e una limitazione del pagamento degli oneri alla sola energia prelevata dalla rete, ossia con un’esenzione integrale per l’autoconsumo che va peraltro in controtendenza con altre norme approvate negli ultimi anni in materia. La questione è complicata e dovrà conciliarsi anche con la revisione delle tariffe di rete prevista dal Milleproroghe. L’Autorità tra l’altro ha da sempre una posizione critica sugli sgravi, nella misura in cui aumentano i costi delle famiglie, e, poiché la definizione a regime ne prevede la collaborazione, probabilmente non rinuncerà a dire la sua. In attesa che il dossier avanzi, però, si possono fare alcuni rilievi.

Primo, rispetto alla negoziazione in corso, si può notare che lo stesso modello tedesco, cui l’Italia si ispira, non è esente da criticità, come mostrano le recenti perplessità della Commissione sullo schema di Berlino per la cogenerazione, proprio rispetto ai rischi di sovra-compensazione. Ma ancor prima c’è un problema politico nazionale: poiché scaricare gli oneri sui piccoli clienti domestici (e in molti casi anche non) non è una scelta solo tecnica ma appunto politica – legittima, si è qui spesso detto, e infatti compiuta apertamente da altri paesi come la Germania, ma di cui assumersi la responsabilità – non è pensabile che Calenda possa farla senza illustrarla nei dettagli nelle opportune sedi istituzionali, a cominciare dal Parlamento, giustificandone dati alla mano necessità e ragioni.

Fonte: Gionata Picchio – Staffetta Quotidiana