Cambiare il paradigma per la crescita dei PPA in Italia

Per le aziende con elevati consumi i contratti a lungo termine costituiscono una reale opportunità da perseguire anche nel nostro Paese

La produzione di rinnovabile in grid parity è un tema che appassiona da tempo e che vede differenti posizioni
sull’opportunità o meno di investire in impianti non incentivati, alla base di queste valutazioni ci sono certamente i Power Purchase Agreement (Ppa) di medio e lungo termine, cioè i contratti di vendita di energia ad una controparte che riconosce al produttore un prezzo fisso a MWh ritirato per un periodo di tempo che può andare generalmente dai cinque ai quindici anni. Chiaramente entrambe le controparti devono essere predisposte all’assunzione di rischi di mercato, che nei precedenti periodi di incentivazione generosa non erano minimamente previsti, generando nel corso del tempo una scarsa propensione al rischio delle aziende energy.

Mentre in Italia crescono più le discussioni che i contratti firmati, all’estero i Ppa hanno iniziato ad essere piuttosto diffusi. Ad esempio in Spagna Iberdrola ha da poco stipulato il suo terzo Ppa per il parco fotovoltaico Nuñez de Balboa da 391 MW, poco prima ne aveva chiuso un altro con la società di telecomunicazioni Euskatel, in Svezia E.ON realizzerà un parco eolico da 475 MW con un Ppa sottoscritto con una “Global Energy Major” e negli Stati Uniti Apple e Facebook sono già alimentati da produzione rinnovabile con contratti a lungo termine. In Italia sono ancora poche le iniziative di cui si ha conoscenza.

Probabilmente parte del ritardo che c’è in Italia sulla diffusione dei PPA è dovuto alla continua attesa delle aste previste con il nuovo decreto Fer, che si spera possa essere emanato nei prossimi mesi, e sull’eterno tema delle garanzie finanziarie pubbliche che molti richiedono per limitare il rischio controparte. Sarebbe però sano, da parte di chi vuole realizzare impianti rinnovabili, valutare dei percorsi paralleli da attivare in funzione dell’esito delle future aste. Le aziende che risulteranno assegnatarie di quote di produzione rinnovabile procederanno a valutare il proprio budget sulla base dei valori risultanti dall’asta, chi invece non risulterà assegnatario avrà comunque l’opportunità di procedere con la stipula di Ppa con controparti disponibili ad acquistare l’energia prodotta dagli impianti rinnovabili, accettando in questo modo il rischio mercato ma togliendo dal proprio budget la valorizzazione del rischio regolatorio insito nei possibili interventi del Gse.

Se poi si considera che l’ultima asta ha generato un prezzo di 66 €/MWh, che probabilmente sarà ulteriormente
ribassato nella prossima, e che il prezzo medio di mercato risulta non essere troppo lontano, la stipula di Ppa,
considerando tutte le variabili, potrebbe essere anche più conveniente. Ora, per i produttori tutto sta ad identificare le giuste controparti con cui stipulare dei Ppa. Chiaramente i trader sono i primi da consultare per avere un prezzo di riferimento, oltre a condizioni contrattuali operative di interesse, ad esempio il trasferimento completo del rischio sbilanciamento in cambio di una riduzione del prezzo riconosciuto. Ma i trader non sono le uniche controparti possibili, ci sono anche le aziende “energivore”, quelle con elevati consumi, con cui è possibile stipulare un contratto a lungo termine in autoconsumo o con fornitura tradizionale.

L’autoconsumo è realizzabile solo in condizioni specifiche, deve esserci la connessione diretta tra produttore e
consumatore su unità catastali adiacenti, ad esempio per impianti sul tetto di capannoni industriali, con spazi adeguati ad installare impianti “Utility Scale” che possano operare in configurazione SEU (Sistema Efficiente di Utenza), eliminando in questo modo gli oneri generali di sistema, questo approccio fornisce un enorme spazio di manovra per la contrattualizzazione dell’energia, generando valore sia per chi vende che per chi acquista.

Ma è possibile stipulare contratti di fornitura di energia elettrica con aziende energivore anche non in autoconsumo, quindi con la classica fornitura di energia elettrica che prevede l’immissione in rete del produttore e prelievo dalla rete del consumatore, questo consente all’acquirente di fissare il prezzo di acquisto dell’energia elettrica per il periodo di durata del Ppa e al produttore di stabilizzare il prezzo di vendita sul valore economico riconosciuto alla produzione, disaccoppiando in questo modo il prezzo dell’energia dalle dinamiche di mercato. Questo approccio richiede la gestione del dispacciamento in carico al produttore di energia elettrica, lasciando alla libera contrattazione il livello di condivisione con il consumatore del rischio di sbilanciamento.

Esistono quindi diverse opportunità che possono generare benefici sia per il produttore che per l’acquirente, che sia trader o cliente finale, se in Italia la diffusione dei Ppa è ancora limitata è probabilmente perché si è in attesa di qualcosa, le garanzie, che non è detto arriveranno, meglio quindi agire subito cercando la migliore soluzione percorribile sul libero mercato.

Fonte: Roberto Libero – QE